{module Firma_redazione}Nessuno si aspettava sorprese, perché è andata esattamente come pensavamo: alle elezioni del 25 settembre quello degli astenuti, in Calabria, è stato il primo partito. Infatti, ha votato poco più del 50 per cento degli elettori. Non era mai accaduto, alle politiche, ed è un dato che si presta a una doppia lettura: una positiva e l’altra negativa. Cominciamo da quella positiva, che ci dice che dietro questa astensione di massa c’è la fine della pervasività della politica, nel senso che i partiti, avendo mollato un po’ la presa sulla società civile (forse perché la ciccia da distribuire e con cui ricattare gli elettori si è ridotta notevolmente), hanno dato ai calabresi la possibilità di tornare a interpretare il voto come esercizio di libertà. Una buona notizia, tutto sommato, se non fosse che questa possibilità non è stata sfruttata, perché si è tradotta in un’astensione-record, che oltre a certificare il basso livello della politica, e su questo già non avevamo dubbi, ha fatto venir fuori più che la voglia di cambiamento degli elettori, che con la partecipazione al voto avrebbero così potuto contribuire a eleggere un governo a loro gradito, la convinzione che questa appendice autunnale non era sufficiente a rassicurarli sulle capacità, ritrovate, dei loro governanti. È ovvio che siamo in presenza della fine della democrazia e, purtroppo, di ogni illusione residua che questa terra, attraverso il voto libero e un personale politico altrettanto libero e di qualità, possa rinascere. Ecco perché, alla fine, insieme con la rassegnazione dei calabresi, che non avendo più speranze e nulla in cui credere hanno deciso di astenersi, esce fuori prepotente l’aspetto negativo di queste elezioni, che ci parla, ancora una volta, di una classe politica che non si regge sul voto libero e d’opinione, cui bada poco, ma su una gestione clientelare del potere e del denaro pubblico, che grazie agli abbondanti benefici che ancora produce riesce ormai a portare alle urne solo una parte di votanti interessati (leggi reddito di cittadinanza), con ciò continuando a mortificare oltre alla libertà dei cittadini anche la qualità del personale politico e delle istituzioni. Un disastro, che, comunque, è argomento delicato e difficile, sul quale contiamo di tornare, al più presto, perché pensiamo che a questo punto gli elettori calabresi vadano scovati casa per casa per convincerli a ritrovare un minimo d’interesse per la politica, che, come diceva qualcuno, se non la fai la subisci, eccome. Vedremo come fare, intanto auguri e buona fortuna ai neo eletti.