In una società in cui ormai si è liberalizzato di tutto, l’unica cosa che non si riesce proprio a liberalizzare è il pensiero, specialmente se è un pensiero critico, autentico, strutturato. Per cui, chi pensa davvero è spesso costretto al silenzio, perché il pensiero mai banale, che scava, che disturba, che rifiuta la semplificazione e l’omologazione, è trattato con sospetto. Certo non tutti i pensieri sono trattati allo stesso modo, perché quelli leggeri, ripetuti, conformi, sono liberi di circolare, mentre quelli meno conformisti e più liberi sono ingabbiati in una censura silenziosa, che spesso costringe chi prova a dire liberamente qualcosa di serio e di vero, magari su argomenti impegnativi, come la politica o l’economia, a pagare la propria libertà con l’emarginazione quando va bene o con l’aggressione fisica e verbale quando va male. Per cui i liberi pensatori, per non correre rischi e non rovinare amicizie e rapporti, anche vecchi, spesso sposano l’autocensura, che il più delle volte li porta ad accettare il pensiero conformista dei loro interlocutori e chi s’è visto s’è visto. È ovvio, che in un contesto del genere, quelli che sono disposti a resistere, continuando a parlare e a pensare liberamente, sono pochissimi e sono quelli che accettano di restare da soli, emarginati e accerchiati da tutti, a cominciare dai professionisti dell’ignoranza, che non sono quelli che un tempo si definivano analfabeti primari, nel senso di non sapere cosa fosse la scuola, ma gli analfabeti secondari, quelli di ritorno, che la scuola sanno cos’è, per averla frequentata, senza però sapere cosa avrebbero dovuto studiare, imparare e magari capire. Che poi sono anche quelli che più temono i liberi pensatori, che quando sgarrano, nel senso che esprimono un pensiero non schierato, semplicemente libero, sono guardati con sospetto. Un sospetto, però, che dovrebbe rendere felici i liberi pensatori, perché conferma il valore del loro pensiero, nonostante la censura, perché oggi l’unico pensiero veramente consentito e accettato è quello della gente che non ha davvero nulla da dire. È un po’ la grande ipocrisia della nostra epoca, che confonde la libertà di pensiero con la chiacchiera e il pettegolezzo spicciolo e volgare. La nostra è un’epoca in cui tutti lottano per i diritti di tutti, ma nessuno per i propri. Non sarebbe il momento per i liberi pensatori di riconquistare lo spazio perduto?