Editoriali

Teresa Merante e la stupidità della censura

È da tempo che nell’indifferenza generale, alla cantante folk calabrese Teresa Merante è impedito di esibirsi pubblicamente, poiché, dicono le cosiddette “autorità”, ormai sempre meno autorevoli e credibili, a cominciare dai sindaci, che rappresentano quel popolo che si scortica le mani nell’applaudirla, le sue canzoni esalterebbero la mafia. Una censura, dettata da quello che sembra più che altro un reato d’opinione, che ha stupito tanta gente, pur silenziosa per viltà, poiché è evidente che in un paese libero la libertà di esprimersi di un artista, anche su temi difficili e magari esecrabili, come quelli che riguardano la criminalità organizzata, è più importante di ogni altra valutazione e deve poter sopravvivere alla furia inquisitoria che sta caratterizzando le “autorità” in questo particolare momento storico-politico, che non può, e non deve, cancellare attraverso assurdi divieti ciò che, vuoi o non vuoi, appartiene alla sfera delle libertà individuali e, nel caso della Merante, anche alla nostra tradizione popolare. Non c’è molto altro da dire su questo argomento, se non consigliare a qualche “autorità” censoria di andarsi a leggere la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti nel processo contro Larry Flint (o magari se non sa leggere guardarsi il film di Milos Forman), se vuole capire cos’è una vera democrazia, e precisare che se sappiamo bene chi sia Teresa Merante (per alcuni un’ambasciatrice della mafia, per noi invece un’ambasciatrice della musica folk calabrese e nient’altro) sappiamo altrettanto bene come sarebbe andata se lo stesso metro di giudizio le cosiddette “autorità” l’avessero applicato ad altri casi, come quelli dei terroristi rossi e neri, con le mani davvero sporche di sangue, invitati, come se fossero eroi e non criminali, in tv e nelle università a tenere lezioni e conferenze o a collaborare con prestigiose testate giornalistiche, dei tanti artisti che hanno detto (e magari dicono, con nostalgia) tante sciocchezze inaccettabili su regimi sanguinari come la Cina, Cuba e l’URSS dei milioni di morti o della serie televisiva Gomorra, che forse, per aver sempre “esaltato” il male nella sua vittoriosa lotta contro il bene, che nella serie neanche appare, potrebbe aver convinto qualche giovane a “esaltarsi” per le gesta dei Savastano e dei Di Marzio e magari (come già si vede nelle nostre strade) a emularli, anche se facciamo finta di non capirlo, perché quella serie è frutto di un’arte, quella dell’intoccabile Saviano, che non si può censurare, sulla base del colore politico ovviamente. Sarebbe un affronto alla verità e forse alla stupidità.