Sorsi & discorsi

Il ristorante di montagna col pesce ci guadagna

Forse non ci crederete, ma io, che frequento abitualmente solo ristoranti di montagna, è da tempo immemorabile che non riesco più a trovarne uno in cui si mangi bene. Perché ad impedirmelo, oltre agli chef, improvvisati e poco attenti alla qualità dei piatti e del servizio, spesso scadente, sono i menù, in cui la carne, che vorrei sempre trovare in un decente ristorante di montagna, come la cacciagione, il capretto, l’agnello, il cinghiale, la costata di vitello con l’osso curvo e alta almeno cinque centimetri, è sparita, al di là di petti di pollo e di tacchino suolificati, bracioline e costatine di maiale carbonizzate, per far posto al pesce, o meglio, a un miscuglio di gamberi, scampi, cozze, vongole, fritture e grigliate miste di dubbia freschezza, cottura, preparazione e provenienza. Un’oscenità, di questi tempi diffusissima, che ha forse una sola spiegazione: i turisti, perché purtroppo sono soprattutto i turisti quelli che mangiano il pesce ovunque si trovino. Vi chiederete perché lo facciano? Semplice: per loro pesce uguale mare uguale vacanza. Ovviamente pesce di acqua salata, perché loro odiano il pesce d’acqua dolce, pensando che “solo il mare sia davvero vacanza”, perfino se si trovano a duemila metri d’altezza (o quasi) o lungo un lago o un corso d’acqua pieno di trote e salmerini. Preciso che io non odio tutti i turisti, che di solito disprezzo, odio solo quelli che mi ritrovo davanti al ristorante, perché quelli che stanno al ristorante, per me, hanno una funzione particolare: sono come cavie di laboratorio, la cui osservazione mi dà la misura di quanto il turismo sia ormai cafonaggine, ignoranza e masochismo messi insieme, all’apice soprattutto tra i turisti di montagna, che mangiano pesce anche con le lische, o crostacei, ovviamente d’allevamento, come i pesci, o salmone norvegese, e il cui comportamento ha contribuito a rovinare i menù dei nostri ristoranti di montagna, che quando i turisti non ci sono restano comunque pieni zeppi di piatti di pesce, poiché i nostri ristoratori di montagna hanno capito che di gonzi disposti a pagare profumatamente pessimo pesce in giro ce ne sono tanti, forse troppi.