Editoriali

Renzi a Reggio Calabria: “Cchiu pilu pe’ tutti”

{module Firma _Federico Kliche de La Grange} La prova schiacciante per far capire all’opinione pubblica quanto sia lontano il presidente del consiglio dall’essere un vero riformatore, la si trova nei Patti per il Sud, che in questi giorni Renzi in persona è venuto a firmare in Calabria, dove la peggiore classe dirigente d’Europa e l’organizzazione criminale più potente del mondo, la ‘ndrangheta, aspettavano a braccia aperte questa inutile riedizione di quella che un tempo si chiamava Cassa del Mezzogiorno, e che poi, con meno sfacciataggine, fu ribattezzata Agenzia per la promozione e lo sviluppo del Mezzogiorno. Tutti nomi in codice di uno stesso fenomeno ignobile e fallimentare, o se preferite sintomi di una stessa malattia letale: l’assistenzialismo.

Per realizzare questo “miracolo” il parolaio di Firenze si è recato addirittura a Reggio Calabria, pensate, a siglare la versione calabrese del Patto per il Sud: un accordo straordinario (e vergognoso, aggiungeremmo noi) tra il Consiglio dei ministri e la Regione Calabria, che prevede “chjuu pilu pe tutti”, e cioè investimenti a pioggia, in termini di infrastrutture, opere pubbliche, servizi, rilancio turistico e culturale, tutela dell’ambiente e chi più ne ha più ne metta, che andranno a beneficio di tutte le mafie locali: tradizionali, politiche e burocratiche. Chi pagherà? Per metà l’Europa, con il cosiddetto Fondo Sviluppo e Coesione (che “finalmente” abbiamo sbloccato, gongola Renzi). Per l’altra metà, la macchina pubblica italiana, tra POR, PON e “altre fonti nazionali”. In tutto un bel fiume di miliardi, che si riverserà sul groppone dei contribuenti italiani.

Ma, per l’ex sindaco di Firenze e della sua Provincia, che volete che sia questo fiume di denaro se farà guadagnare, al nostro caro premier e ai suoi accoliti, un bel po’ di consensi proprio nei territori dei suoi più accesi nemici, sebbene comporteranno un ennesimo sacrificio alle casse pubbliche (leggi alle nostre tasche) e nessun reale vantaggio per il Sud. Infatti, è da oltre mezzo secolo che si parla di Grandi Piani per il Mezzogiorno, che si stanziano fondi ad hoc per il suo rilancio, che si promettono Mega-Infrastrutture e si realizzano Cattedrali nel deserto. Ma questo gigantismo di promesse, di spese e di costruzioni ha lasciato comunque il Sud in uno stato di nanismo permanente, facendone tallone (e tacco e punta) d’Achille della penisola. Nessun concreto risultato in termini di crescita imprenditoriale, di riduzione della disoccupazione, di progresso economico e tecnologico.

Per aiutare il Sud, bisognerebbe smettere di aiutarlo. Occorrerebbe piuttosto offrigli gli strumenti per crescere da solo: una riduzione della fiscalità sulle startup, che non gli consenta più di avere alibi per la mancata presenza di un ceto imprenditoriale e non assolva più i giovani dall’urgenza di mettersi in gioco; una formazione culturale, a partire dalla scuola, su cosa significhi fare impresa, senza inseguire piuttosto il sogno del posto fisso nell’apparato pubblico; un federalismo fiscale vero, che permetta a una Regione come la Calabria, ad esempio, di vivere dei soldi dei propri cittadini, amministrandoli con oculatezza ed efficienza, senza più sprechi e senza aspettare che il governo centrale colmi la parte mancante. Ecco, finché non si faranno queste cose, ma lo Stato continuerà a iniettare liquidità – con la strategia del dare dolci al diabetico –  il Sud non solo non crescerà, ma continuerà a pascersi beato nella sua indolenza. E soprattutto quei soldi non alimenteranno la ripresa economica e lo spirito d’impresa ma, nel migliore dei casi, nutriranno le consorterie politiche che ne faranno mangiatoia per i propri interessi, nel peggiore dei casi stuzzicheranno la fame se non l’ingordigia delle associazioni a delinquere. E quasi sempre la parte restante, che potrebbe essere utilizzata per scopi utili, verrà scartata o sprecata. Finirà come al solito, a tarallucci e vino. Non scordatelo.

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