Editoriali

La scoperta dell’Ameriga e gli asini della classe dirigente rossanese

{module Firma_Edilberto de Angelis}E’ di questi giorni la polemica per una frase del Duce, “Molti nemici molto onore”, pronunciata da Matteo Salvini in non so che posto e in che contesto. Non me ne voglia nessuno per le mie dimenticanze, ma quella frase mi fa pensare che i nemici del ministro degli interni siano semplicemente quelli che ogni uomo di successo crea, anche se non tutti i nemici sono uguali. Nel senso che ci sono quelli (intelligenti) che riconoscono le buone qualità dell’avversario e ci sono quelli (cretini) che non le riconoscono per via della propria mediocrità. Le menti mediocri, diceva Einstein, sono violente, incapaci di ammettere i meriti degli avversari. Ed è quello che sta accadendo, qui da noi, a Giuseppe Geraci, ex sindaco di Corigliano, attaccato con violenza e volgarmente, forse perché temuto, da alcune frange, sputtanate e rancorose, della classe dirigente rossanese (fallita), che a Geraci non vogliono riconoscere il merito di aver risanato le finanze del comune di Corigliano e di aver detto, in tempi non sospetti, la verità sul rischio che rappresentano, per i bilanci della nuova città, le finanze dissestate di Rossano. Che poi sono le stesse persone che pur impegnate da anni in politica, pur appartenendo alla classe dirigente locale, pur essendo stimati uomini di cultura (nonostante confondano le flatulenze con le flautolenze, che non esistono, e sbaglino a scrivere le citazioni latine) in passato hanno sottovalutato i disastri e le porcate che avvenivano nel nostro tribunale (che poi ne hanno determinato la chiusura) e di recente hanno anche sottovalutato, nonostante fosse evidente, la fallimentare gestione finanziaria del comune di Rossano, che tanto male potrebbe fare alla città unica. In questo coro di mediocri mi dicono si distingua la voce di qualche compassato notabile radical scic. Il quale, pensando di fare l’originale, ricorda con sarcasmo e, appunto, una violenza, da mediocre, che non gli si addice, che Geraci piuttosto che raccontare un sacco di idiozie sulle difficoltà finanziarie, ai limiti del dissesto, che potrebbe avere la città unica, per via dei debiti ereditati dal comune di Rossano (e segnalati, tra l’altro, anche dai revisori dei conti, che dovrebbero essere presi in seria considerazione dai commissari in sede di stesura del bilancio preventivo del nuovo ente), dovrebbe, invece, vergognarsi per essere il responsabile della morte della città di Corigliano, uccisa moralmente e qualitativamente dalle recenti inchieste giudiziarie e da una cattiva gestione dei servizi municipali. Peccato che il notabile in questione, nella cui penna si nota il passare del tempo, abbia dimenticato che la “tamarra” città di Corigliano, anche grazie a Geraci, al suo buon governo e alle sue denunce, su cui è stata in buona parte costruita la recente inchiesta “Comune Accordo” (e non solo), è viva più che mai (al punto da pagare, coi suoi attivi di bilancio, qualche debituccio agli scialacquoni cugini rossanesi), nonostante non navighi nell’oro, e che nel frattempo la nobile Rossano, anche grazie alla sua classe dirigente in declino, è più morta che mai (avendo perso il tribunale e, presto, anche gli altri uffici che la sfamavano), il che qualche cosa vorrà dire su chi dei due, il notabile rossanese e Geraci, è quello intelligente. Un membro della classe dirigente, che probabilmente aspira, anche se non direttamente, a guidare politicamente, dicono con una banda di sprovveduti, la grande città del futuro, che si riduce, forse perché privo di argomenti seri, a rinfacciare cose ignobili e false a un ex sindaco, cui dovrebbe riconoscere i meriti e con cui dovrebbe invece collaborare perché, a differenza di quello di Rossano, ha seguito tutte le fasi post fusione, mettendo la sua esperienza a disposizione dei commissari e della città, non ci fa una bella figura, perché dimostra che così la fusione parte col piede sbagliato degli uomini sbagliati. Qualsiasi persona intelligente e di buon senso avrebbe ammesso le difficoltà finanziarie del comune di Rossano e della nuova città, soprattutto quando a parlarne sono i revisori dei conti (magari spiegando perché il comune di Rossano non abbia approvato i propri bilanci nei tempi imposti dalla legge, perché abbia milioni di euro di fatture non pagate alle imprese e ai fornitori, perché abbia ricevuto atti ingiuntivi per il mancato pagamento di forniture di energia elettrica e non solo, perché sia da qualche anno senza il nucleo di valutazione), e poi, mettendo da parte le polemiche, avrebbe invitato l’ex sindaco di Corigliano e chiunque abbia a cuore la nuova città, compreso l’ex sindaco di Rossano, a collaborare per costruire un domani migliore, non tralasciando, ovviamente, le buone cose e quelle cattive che gli amministratori vecchi e nuovi delle due città hanno fatto. Invece, niente. Da queste persone, da questi presunti notabili, sono arrivati solo insulti, parole di disprezzo e accuse insensate e niente di costruttivo, di concreto. E’ venuta fuori solo la solita spocchia e la solita aggressività di certi ambienti rossanesi, autorevoli e influenti, che da sempre sentendosi i primi della classe non vogliono ammettere che a volte la “tamarra” Corigliano (sulle cui ricchezze vogliono mettere le mani) possa dare non solo lezioni di buon governo, com’è accaduto, ma anche di stile (soprattutto se pensiamo alla tanta polvere nascosta dai rossanesi sotto il tappeto del municipio e su cui lo stesso commissario bene farebbe a chiedere l’apertura di un’inchiesta, magari per falso in bilancio). Peccato che queste persone non si rendano conto che così facendo otterranno come unico risultato un ulteriore sputtanamento delle istituzioni e della città unica prima ancora che nasca e un fuggi fuggi, a gambe levate, dalla politica, da parte della gente, perché dai mediocri e dai radical scic che hanno perso ogni contatto con la realtà si scappa, come hanno fatto tanti cittadini rossanesi e coriglianesi che pur venendo da una storia di sinistra o di destra alle ultime elezioni, compreso il referendum sulla fusione, hanno scelto l’astensione o chiesto asilo politico alla Lega e ai 5 Stelle. Un atto sofferto di legittima difesa dall’imbecillità assurta a modo di fare politica. Sono lontani i tempi in cui le classi dirigenti della due città si stimavano, si parlavano, dialogavano, collaboravano e riconoscevano, quand’era necessario e pubblicamente, la superiorità del rivale. Ma quella era una classe dirigente migliore, perché non era composta da asini. Questi si incazzano con un uomo che ha solo cercato di spiegare quali sono le reali condizioni finanziarie dell’ente che va a nascere e di chi sarebbe la responsabilità di un eventuale dissesto, magari cercando di evitarlo. Piccoli uomini, odiatori seriali. Politicamente e umanamente parlando i morti sono loro. Camminano ancora ma sono morti, solo che non lo sanno.

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