Contrappunti

Mico Argirò e la sua Milano

{module Silvio Mauro}Come nasce il tuo legame con la musica?

Ho iniziato a suonare presto, da ragazzino, e a suonare presto dal
vivo. Ho capito subito che la musica era la forma d’arte perfetta
per me: sintetica, catartica, insieme sfogo e costruzione di qualcosa,
nonché divertimento. Oggi la musica è una parte fondamentale della mia
vita e ne sono felice.

Com’è per un artista vivere a Milano?

Milano è stimolante e permette ad un artista di vedere da vicino
alcuni fenomeni che oggi sono centrali. Avverti il cambio di gusti
musicali, percepisci il mainstream, capisci che c’è spazio per le
“nicchie artistiche” e che funzionano benissimo, ti stupisci
nel sentire cosa si ascolta in giro… Se ci aggiungi che io vengo dalla
provincia osservare tutti questi fenomeni è insieme stupore e
influenza. Certo non posso mentire, Milano non è tutta rose e fiori, devi essere
pronto a salvarti dal tran tran, dall’omologazione,
dall’imbruttimento.

Hai dichiarato di creare personaggi umani non convenzionali, chi
sono?

Molti protagonisti delle mie canzoni sono pazzi, scemi del paese,
ubriaconi senza gloria, bohemien, vinti di ogni tipo… Mi hanno
sempre affascinato, nel loro vivere una vita in dimensioni
completamente diverse dalla nostra eppure contemporanee!

I tuoi album, di cosa parlano?

Io racconto storie, di vario tipo, dalle storie di questi tipi
umani della domanda prima a storie d’amore, di bellezza, di
assenza, di sogno, di arte. Semplicemente questo, racconto la mia versione delle cose.

Scrivi musiche anche per terzi (teatro e cortometraggi). Qual è il
tuo approccio?

Ho avuto la fortuna di tanta fiducia accordata da autori di generi
diversi di letteratura per i quali ho scritto cose anche molto
distanti tra loro. L’approccio è semplice: la musica è, in teatro,
funzionale al testo, alla scena. Deve creare l’ambientazione,
l’atmosfera, deve prendere lo spettatore e immergerlo in quello che
succede sul palco. Mi piace molto mettermi in discussione e cambiare tanto negli
spettacoli di questo tipo.

Parlaci del tuo ultimo singolo: Un altro giugno73.

È una storia d’amore che finisce, purtroppo… Giugno73 è una
canzone di De André che uso, qui, come simbolo di tutte le storie
d’amore che s’interrompono (e purtroppo ognuno di noi ha il suo
Giugno73). Tutto ciò che non volevo e che si è verificato.
È una canzone dal sound acustico folk, vecchio stile, ma dal testo
molto contemporaneo (raccontando di fatti recentissimi). Ha avuto e
sta avendo un bel giro, sulle varie piattaforme e nei live di questi
mesi.

Parlaci del tuo legame con la musica italiana.

Sono cresciuto con la musica italiana, mi piace l’espressione
nella mia lingua, mi piace quando, da subito, cogli tutte le sfumature del
testo. Sono cresciuto con i cantautori italiani delle varie
generazioni, sono la mia influenza principale, ma sto cercando qualche
strada nuova espressiva. Sempre in italiano, sempre in forma canzone,
ma adatta ai tempi.

Progetti futuri?

Come ti dicevo, sto sperimentando qualcosa di nuovo, sia
formalmente che contenutisticamente (che, poi, è la stessa cosa). In
questi giorni proprio sto scrivendo roba nuova, registrando
qualcos’altro… Spero presto di arrivare da qualche parte e farvi
ascoltare.

Cosa auguri alla tua musica?

Alla mia musica auguro quello che da sempre gli autori si augurano,
dalla notte dei tempi, già negli scritti antichi: che viaggi, che giri
per strade a me sconosciute e si faccia ascoltare da persone nuove,
che entri nella vita di queste persone, che possa lasciare qualcosa di
positivo e migliorare l’istante. È, questa, una bella maniera di
cambiare il mondo.

Oltre un saluto, hai qualcosa da dire ai nostri lettori?

Sicuramente ringrazio per aver speso qualche secondo a capire cosa
passa nella mia testa, poi faccio un invito: non lasciamo che queste
chiacchiere siano soltanto parole, sentiamoci, scriviamoci,
discutiamo. Voglio contatto umano, che, oggi, è già chiedere qualcosa
di rivoluzionario. Un saluto a tutti e grazie davvero.

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