Editoriali

Caro Occhiuto, dì finalmente qualcosa di liberale

{module Firma_Anton Giulio Madeo}Spero che prima o poi Roberto Occhiuto, che con molta probabilità sarà il candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Calabria, dica qualcosa di liberale, soprattutto in materia di sanità. Vera piaga di questa regione, perché profondamente intrecciata con la questione meridionale. Infatti, una regione con sprechi sanitari che si attestano attorno al 40% e con quasi tutti gli ospedali altamente disfunzionali non ridurrà mai il differenziale che la separa dalle regioni più evolute e ricche. Ecco perché da anni la sanità calabrese opera in un regime di commissariamento, che, finora, è stato un vero e proprio disastro, poiché, in quello che è il settore chiave dell’attività regionale (infatti, la sanità ingoia il 70% del bilancio), è mancata la politica, che più che tirare a campare, magari affidandosi a persone poco propense alla riflessione, dovrebbe pensare a riscrivere, in chiave liberale, le regole del gioco, dimostrando di avere idee chiare e riformatrici in tal senso. Come fece, qualche anno fa, la Lombardia, in cui la sanità è più efficiente grazie a una trasparente competizione fra pubblico e privato, nell’erogazione dei servizi, che ha messo sostanzialmente i conti in ordine nonostante “riceva” un gran numero di pazienti “migranti” da altre regioni, a cominciare proprio dalla Calabria. Perché la concorrenza, nonostante le opinioni contrarie di qualche imbecille, non ha fatto schizzare in alto i costi. Anzi, ha stimolato anche l’efficienza delle strutture pubbliche. Certo non è pensabile che la riorganizzazione di quel disastro che è oggi il sistema sanitario calabrese possa farsi in un giorno. Ma perlomeno alcuni nodi dovrebbero essere chiari sin dall’inizio, soprattutto in chi si candida a presidente in nome di un partito (FI) e di uno schieramento (quello di centrodestra) liberali. Per cui ci piacerebbe che Occhiuto, in una delle sue apparizioni pubbliche, annunciasse e quindi stimolasse una soluzione forte e di tipo liberale, e non più procrastinabile, del problema, stante la potestà della regione in questa materia. Infatti, è impossibile costruire un sistema responsabile se non dal basso, come diceva, inascoltato, qualche tempo fa Giulio Tremonti, il quale sosteneva che le Regioni sono “incentivate” a essere irresponsabili, perché spendono quattrini che non sono “raccolti” direttamente da loro. Ma l’irresponsabilità, nel mondo della salute, va estirpata soprattutto a livello delle aziende sanitarie, perché la cosiddetta “aziendalizzazione” degli anni ‘90 ha portato nella sanità un vocabolario privatistico, senza che vi entrasse quel sistema di pesi e contrappesi, di punizioni e premi, che sempre contraddistingue un mercato privato. L’ospedalità non statale è una componente importante del sistema, anche se “figlia di un Dio minore”: il sistema degli accreditamenti non è impermeabile a logiche discrezionali, e accade spesso che si immagini, per le imprese sanitarie private, il ruolo di galline cui sottrarre le uova d’oro. Il guaio è purtroppo che le aziende pubbliche non assomigliano abbastanza, a imprese private. Per esempio per quanto avviene con le regole di redazione del bilancio: le norme contabili sono ancora in conformità con i principi di contabilità pubblica, e non con quelli del diritto privato. Questa fa sì che mentre le aziende private sono tenute a presentare bilanci in regola col codice civile, i loro concorrenti pubblici ne sono esentati. Anzi, le norme per la redazione dei bilanci sono il risultato di un patchwork fra normative regionali e “schemi” suggeriti a livello nazionale. Questa è una situazione di scarsa trasparenza, che non favorisce certo il controllo della spesa, e determina l’ennesima disparità fra operatori pubblici e privati. La differenza è che i primi non devono fronteggiare il rischio del fallimento: sanno che verranno rifinanziati, come che siano stati gestiti. Ma allora che senso ha avuto “aziendalizzare”? E come da dove dovrebbe venire la virtù degli amministratori pubblici, in assenza di adeguati incentivi? Se non si responsabilizzano le singole strutture, è difficile che il sistema possa ritrovare la giusta via. O no, onorevole Occhiuto?

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