Editoriali

Vocazione turistica? No, vocazione alla fame

{module Firma_redazione}Mai come in queste prime e calde settimane d’estate, sono arrivate così tante polemiche sulle prospettive della stagione turistica appena iniziata, che, ad alcuni osservatori interessati, nonostante la grande vitalità di Schiavonea, sembra già compromessa, per via dei soliti problemi della città. Infatti, mare sporco, spazzatura, strade colabrodo, carenza d’acqua e in generale servizi pubblici inefficienti sono sempre lì, irrisolti. Tutte lamentele legittime, ovviamente, ma che, a mio avviso, sono esagerate, perché operatori del settore, stampa e soprattutto politici, che poi sono quelli che soffiano sul fuoco delle polemiche, danno troppa importanza al turismo, proponendoci una narrazione falsata di questo settore, tendente a far passare l’idea che non può essere trascurato, perché crea e distribuisce gran parte della ricchezza prodotta dal nostro territorio. Purtroppo, per chi ci crede, questa è una narrazione superficiale del fenomeno, che tende a confondere il film che alcuni narrano con la realtà. Perché se da una parte è vero che, come dicono, il turismo sia un settore importante della nostra economia, che va comunque tutelato, ci mancherebbe, dall’altra non si deve dimenticare che se anche le cose, quest’anno, e negli altri anni, andassero nel migliore dei modi possibili, nel senso di avere stagioni turistiche coi fiocchi, i benefici prodotti da questo settore sarebbero modesti e purtroppo per pochi. Infatti, avvantaggerebbero solo gli operatori turistici, che probabilmente avrebbero di che vivere per il resto dell’anno, mentre penalizzerebbero i lavoratori del settore e noi poveri contribuenti tartassati. Ciò perché il turismo, checché se ne pensi e se ne dica, non è un settore che può garantire il benessere, poiché le paghe sono basse, i lavori sono precari o in nero, gli orari non esistono, il riposo te lo prendi quando piove, le ferie sono i periodi di disoccupazione, la pensione te la sogni e alla fine gran parte di quelli che, durante la stagione estiva, avranno lavorato nelle strutture turistiche ce li ritroveremo poi a chiedere il reddito di cittadinanza o assunti (più o meno) nel settore agricolo (già in crisi da anni) per un periodo che non supererà i tre mesi, dopo il quale andranno in disoccupazione o in malattia e quindi a pesare, anche loro, sulle tasche dei contribuenti. Perciò dire che un territorio ha vocazione turistica è dire che quel territorio ha vocazione alla fame. E all’estinzione: se lavori in nero come fai a sposarti, a fare figli? E al parassitismo: mentre l’industria e l’agricoltura si basano sull’uomo che produce, il turismo si basa sull’uomo che consuma. L’industria e l’agricoltura, quelle vere e non truffaldine, ci salvino. Buone vacanze.

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