Editoriali

Libertà d’accogliere, diritto d’escludere

{module Firma _Federico Kliche de La Grange}L’immigrazione è diventato uno dei temi caldi della politica e, apparentemente, dovrebbe essere uno di quei temi su cui i libertari potrebbero divertirsi un mondo, poiché gli uomini dovrebbero essere lasciati liberi di spostarsi ovunque e a loro piacimento. Invece non è così, poiché anche i libertari prevedono precise limitazioni al movimento delle persone da un paese all’altro. Infatti, mentre una merce che si sposta interessa solo coloro che l’acquistano e la vendono, diversa è la situazione di un individuo che lasci il proprio paese d’origine per venire a vivere qui da noi. In questo caso, infatti, egli inizia a usare strade, ospedali, scuole e altri beni pubblici che non ha in alcun modo contribuito a pagare. Un libertario non ama lo stato, lo sappiamo, figuriamoci lo stato sociale. Tuttavia capisce che finché non sarà cancellata ogni forma di protezionismo e welfare state è giusto che i cittadini pretendano misure a tutela dei loro beni collettivi. Se, ad esempio, gli abitanti del comune di Corigliano sono costretti a finanziare con le loro tasse un gran numero di servizi pubblici, è ovvio che essi vorranno in qualche modo limitare l’accesso di tali beni da parte di soggetti esterni alla comunità. Oggi, emigrare significa spostarsi da uno stato all’altro soprattutto per motivi di lavoro. Quando masse di cittadini di altri paesi si trasferiscono dalle nostre parti, vuol dire che una quota importante di loro non lo farebbe se nella loro patria ci fossero serie occasioni di lavoro, cosa che spesso è molto difficile per via delle politiche protezionistiche attuate dall’UE e in generale dagli stati. Perciò, quando gli stati (o le unioni tra stati) impediscono la libera circolazione delle merci, mettono in moto massicci spostamenti di lavoratori. Non va dimenticato, ad esempio, che una parte cospicua delle migrazioni che avvengono all’interno dell’area del Mediterraneo dev’essere imputata alle politiche agricole e industriali europee che (a causa soprattutto dell’assistenzialismo e del protezionismo di Bruxelles) penalizzano in vario modo non solo noi consumatori e contribuenti, ma anche tutti coloro che, nei paesi del terzo mondo, vorrebbero ad esempio produrre cereali e frutta per i nostri mercati e non trovano possibilità di accesso. Nel momento in cui non sono in condizioni di lavorare a casa loro e di inviarci quanto producono, essi decidono di abbandonare tutto per venire in questa parte di mondo civile. Comunque e al di là dell’attuazione di politiche economiche liberiste, potrebbe sempre esserci qualcuno intenzionato a trasferirsi in un altro paese, a emigrare. E’ proprio di fronte a un’ipotesi del genere che si potrebbe formulare una proposta sintetizzabile nello slogan libertario: libertà d’accogliere, diritto d’escludere. L’idea è che ognuno di noi dovrebbe avere il diritto di accogliere, ma anche quello di non accogliere, ovvero sia di non essere costretto a una coabitazione forzata e a un’integrazione non voluta. Nel momento in cui siamo costretti a vivere all’interno di sistemi pubblici scolastici, sanitari, dei trasporti e così via, è del tutto evidente che chi vuole esercitare il proprio diritto d’accoglienza e intende invitare in casa propria uno straniero dovrebbe allora farsi carico del fatto che quest’ultimo non gravi sulle spalle altrui. Dovrebbe almeno trovargli un lavoro e un’abitazione. Per cui il problema dell’immigrazione sarà tanto meno grave quanto più si riuscirà a ridurre l’area della proprietà pubblica. Se la maggior parte dei beni sono privati e i servizi sono per lo più finanziati da coloro che ne fanno uso, i rischi di essere vittime di un processo di parassitismo generalizzato caleranno di molto. Questo però non basta. Sappiamo bene che l’immigrazione è spesso accompagnata da fenomeni di criminalità ed essere comunque un fatto di disordine. Per questo, che è l’aspetto che a noi interessa di più, bisognerebbe proporre che ogni immigrato abbia, prima del suo arrivo, un vero e proprio invito da parte di un’impresa, di un’associazione o di un privato cittadino. Dovrebbe passare il principio per cui chi chiama uno straniero deve accettare due impegni: quello di sostenere privatamente l’immigrato in tutte le sue esigenze primarie e quello di assumere la piena responsabilità legale per le azioni commesse dal suo ospite durante tutto il periodo di soggiorno. Sarebbe del tutto evidente che un tale sistema di immigrazione a invito dovrebbe prevedere l’espulsione immediata di chiunque non rispettasse gli impegni presi. Così come sarebbe chiaro che il residente straniero dovrebbe essere costretto a lasciare il paese ospitante nel momento in cui chi l’ha invitato rinunciasse a ogni responsabilità precedentemente assunta e nessun altro cittadino accettasse di assumerla. La prospettiva libertaria, insomma, sarebbe lontanissima da ogni forma di razzismo e intolleranza, ma proporrebbe ugualmente una politica molto ferma in materia di immigrazione, giacché tale riflessione muoverebbe da una seria preoccupazione per i diritti dei singoli e per l’esigenza di salvaguardare quanti essi hanno costruito.

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