Editoriali

Mc Donald’s, vero simbolo della grandezza di una città

{module Firma_redazione}Spesso, la rinascita di una città è legata a un simbolo, che qui da noi, sembrerà paradossale, è l’apertura di un Mc Donald’s. Infatti, se migliaia di persone, in questi giorni, hanno affollato il nuovo ristorante della catena americana, è perché in Mc Donald’s hanno visto il simbolo di una città che, anche grazie all’attenzione di una grande azienda internazionale, rinasce, anzi, si potrebbe dire che nasce, visto che si tratta di una città nuova. Per questo Mc Donald’s è diventato argomento maledettamente serio, che non si può di certo affrontare con le vecchie e banali polemiche ideologiche tipiche di certa sinistra. Infatti, io per primo, pur fiero difensore dei valori e degli usi americani, non ne faccio una questione ideologica e culturale, in risposta a certi soggetti, altrimenti vi parlerei di libertà di scelta, perché nessuno ti obbliga a frequentare un Mc Donald’s, e magari vi racconterei, per pagine intere, di quanto sia importante e democratico il marchio Mc Donald’s, che dove va crea ricchezza e occupazione (a differenza di quanti lo avversano, che la ricchezza invece la distruggono) e fa mangiare a tutti cibo di qualità a prezzi bassi, a differenza dell’aristocratico e carissimo slow food, che tanto piace ai sinistri, che è roba per ricchi. Nossignore. Qui più che scatenarci nella solita e stupida battaglia ideologica pro o contro il cosiddetto cibo spazzatura all’americana, che, tra l’altro, in Italia non esiste, poiché la controllatissima catena dei ristoranti Mc Donald’s è quella che usa più di tutte prodotti Dop e Igp, o dire che la multinazionale americana ucciderebbe il piccolo e genuino ristoratore locale (che spesso ti fa mangiare prodotti della grande distribuzione spacciandoli per cibi biologici o a chilometro zero), dovremmo riflettere su un investimento importante, da parte di una grande azienda, che alla gente, dopo le sofferenze di una pandemia che ha reso tutti più tristi e poveri, dà speranza e fiducia e arriva perché questa nostra città, di cui essere orgogliosi, pur con tutti i suoi limiti e i suoi problemi, attira, in quanto, piaccia o no, è la terza città della Calabria e per le imprese è un’opportunità da cogliere. Peccato, però, che, difronte allo sforzo finanziario di una grossa azienda, la nostra classe dirigente ancora una volta si sia mostrata fredda, forse perché non ha coscienza del proprio ruolo e delle proprie responsabilità, così come lo hanno piccoli, medi e grandi imprenditori che hanno voglia di rischiare e di mettersi in gioco, che come Mc Donald’s (e forse, in futuro, Ikea) vorrebbero investire dalle nostre parti e magari non lo fanno perché sanno che la politica, distratta da altre cose, non crea le condizioni favorevoli che rendono agibile il mercato e quindi conveniente un investimento. È quel desiderio di scommettere su se stessi, tipico degli imprenditori, animati da quello che gli anglosassoni chiamano “animal spirits”, che il governo di una città e di un territorio moderni e importanti, con una buona dose di pragmatismo, dovrebbe assecondare e che da queste parti, con una classe politica impegnata in piccole cose, invece, stenti a trovare. E il modo tutto sommato freddo e indolente con cui si è finora rapportata al fenomeno Mc Donald’s e non solo, non cogliendo la straordinarietà del momento, lo dimostra. Si ha come la sensazione che la classe politica, soprattutto quella che ha incarichi di governo, sia molto indietro e non capisca ciò che sta accadendo. Infatti, colpisce, ad esempio, che nell’anno post pandemia, quello della rinascita, in cui bisognerebbe favorire la scommessa, il rischio e il lavoro degli imprenditori, continui a misurarsi su temi anacronistici o che, come minimo, non sono legati al sentiment del momento, come lo statuto comunale, la bitumazione delle strade, la statale 106 bis, il porto. Altri simboli, vecchi, di quanto sia lontano il Palazzo dallo spirito dei Mc Donald’s (e forse dell’Ikea) e di quanti creano sul serio ricchezza e occupazione.

 

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