Editoriali

La vera fusione sarà quella dell’Arberia

{module Firma_redazione}Caro direttore, se ci si riflette un attimo, pensando anche a ciò che sta accadendo in questo territorio, si capirà che in politica i fenomeni più pericolosi sono i miraggi, cioè dar per scontata o immaginare una realtà che poi si dimostra ingannevole. È accaduto con l’idea di fondere le città di Corigliano e Rossano, nella convinzione di dare a quel territorio un futuro radioso. Un miraggio, appunto, che solo oggi comincia a diradarsi, poiché buona parte della classe dirigente locale vede la profonda metamorfosi che le due città hanno avuto dopo l’unione: le idee e la progettualità per un futuro migliore sono scomparse o, comunque, passate in secondo piano, mentre sono aumentati i problemi e la voglia di rinascita si è trasformata nel pragmatismo e nella concretezza di chi ha cominciato a capire che le ideologie prêt-à-porter, com’è stata quella della fusione, durano una stagione. Un cambiamento che ha spinto la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica cittadina a pensare a un serio ritorno all’autonomia dei due comuni. Infatti, non fosse altro per realismo, ha capito che nessuna fusione tra comuni e comunità può avere successo se alla base di tale scelta non c’è la volontà di creare un’identità “comune” delle popolazioni che si fondono. Lo scrive anche lei: “le popolazioni del territorio di Corigliano e Rossano, anche dopo la fusione hanno continuato con la loro vocazione a sentirsi prima di tutto coriglianesi e rossanesi, poiché hanno sempre escluso dal dibattito politico l’idea che per andare avanti insieme si debba costruire una comune identità e non pensare che fusione significhi solo gestire insieme alcuni servizi”, magari facendo prevalere, sotto sotto, il campanile, aggiungerei. Un grande abbaglio, dunque, dal quale potrebbe venir fuori una speranza, anzi, una splendida lezione-opportunità per popolazioni che, invece, potrebbero avere tutti i vantaggi a fondersi, perché l’idea della fusione è buona, ma per chi una comune identità storica, politica e socio-culturale, ce l’ha. Come le popolazioni dell’Arberia, un lembo di territorio collinare, all’interno della Sibaritide, su cui insiste da secoli quella comunità arbereshe giunta da queste parti, tra il XV e il XVIII secolo, per sfuggire alle invasioni ottomane, che per le loro caratteristiche potrebbero trasformare una semplice unione politico-amministrativa, di cui si parla da tempo, in un grande progetto di rinascita, soprattutto culturale, perché se in una unione politica sono in gioco rapporti di potere, interessi sociali e personali, programmi di governo e finanziamenti pubblici, in un progetto culturale a queste tre dimensioni si aggiungerebbe una visione comune sui criteri di vita e di pensiero, sulle tradizioni, sulla cultura, sulla lingua, su un modello di società e sul suo destino, sull’economia, sulla nozione di umanità, storia e fede che sta al centro del progetto. Certo, anche una fusione del genere rischierebbe di trasformarsi in un abbaglio se le popolazioni interessate si facessero condizionare da quell’atteggiamento mentale senza senso che è il campanilismo, che si potrebbe superare se una volta tanto una classe dirigente locale finalmente ambiziosa e lungimirante trovasse argomenti veri e interessanti, e in comune appunto, su cui basare un confronto politico, il più ampio possibile, degno di questo nome. Ecco perché sarebbe il caso di provarci, di cominciare a discuterne, magari scommettendo su due argomenti, chiari, facilmente spiegabili alla popolazione e non contraddittori, che la comune identità potrebbe favorire, e cioè la cultura e le tradizioni (che altrimenti rischiano di scomparire) e l’economia (da rilanciare con un piano strategico delle attività produttive). Due argomenti utili a far capire all’opinione pubblica che questo territorio riuscirà a risorgere solo con l’aiuto di una classe dirigente (politici compresi) che sappia investirsi del problema, ricordandosi per una volta delle sue prerogative e responsabilità. Perché, per citare Primo Levi, se non ora quando? Intanto, grazie per l’ospitalità e un caro saluto, Angelo Corrado, consigliere comunale di Vaccarizzo Albanese.

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