Editoriali

La guerra al bar dello sport

{module Firma_redazione}Tutto accade in un attimo, quando il classico tipo da bar dello sport (che ormai sta dappertutto), magari quando sei al ristorante e vorresti essere lasciato in pace, molla le imprese dei campioni del calcio e ti avvicina per cominciare a parlarti, come se fosse un esperto, di Putin e della guerra in Ucraina. In quell’attimo, dopo aver visto all’opera 60 milioni di allenatori e 60 milioni di virologi pensi proprio di non farcela a sopportare 60 milioni di esperti di politica internazionale, i quali, com’è inevitabile che sia, in questi casi, dopo un primo momento di sgomento e pensosa preoccupazione per quello che accade, riescono a rendere tutto banale se non comico. Infatti, della guerra, “gli esperti” da bar sport, riescono anche a far ridere, pensando a quel che dicono. E questo è il minimo, perché il cretino “internazionale” spesso, con le sue stronzate, diventa anche molesto, fino al punto da farti pensare che nei bar e nei ristoranti dovrebbe essere esposto il cartello, che una volta esibivano i barbieri, “qui non si parla di politica” e questo non per intolleranza, ci mancherebbe, ma per eccesso di cretineria. Una cretineria che fa diventare un argomento serio, insopportabilmente banale, frivolo, come se fosse Sanremo o il Grande Fratello. Per cui non c’è da meravigliarsi se la voglia di libertà e di democrazia di un popolo fiero, che per questo è soffocato e macellato, si trasformi nel pettegolezzo e nella chiacchiera spicciola e banale di un’Ucraina “irresponsabile”, che se l’è cercata con la sua voglia di stare libera in Europa e nella NATO. Così come non c’è da meravigliarsi se un argomento così delicato diventi un passatempo, magari perché non si ha altro da fare, come se si giocasse a carte. È il trionfo dell’irresponsabilità e della superficialità, che sotto certi aspetti è poco rassicurante. Perché alla fine spinge, chi ha un minimo di buon senso, a chiedersi: perché ci comportiamo così? Per quale ragione non riusciamo a prendere sul serio eventi così drammatici e disumani? Forse perché non abbiamo più ideali e valori forti in cui credere e per cui combattere. Forse perché ci preoccupiamo solo delle cose banali che riguardano la nostra quotidianità che non può essere distratta da pensieri forti e impegnativi, come la libertà e la democrazia. Forse perché le cose orribili che accadono non riusciamo più a vederle e, quindi, a comprendere l’importanza della vita e della libertà, che forse diamo per scontate, come se fossimo stati anestetizzati dall’imbecillità e dall’indifferenza. Purtroppo nessuno sa dare una spiegazione a questo disinteresse verso il male. Chi ci prova sbaglia. Forse perché non si accorge che gli uomini campano alla giornata e in questa non riescono a trovare uno spazio in cui inserire le cose importanti, a meno che non diventino strampalate discussioni da bar dello sport. Forse perché siamo dei poveracci, che dopo essersi presi la loro piccola dose di spensieratezza, al bar dello sport, appunto, se ne tornano a casa a rimuginare sulla loro vita e sulle difficoltà del giorno dopo e di quello dopo ancora. E ciò perché il nostro, in fondo, non è più il paese di uomini fieri, da cui alcune migliaia di volenterosi partirono, negli anni ’30, per difendere la repubblica spagnola minacciata dal regime fascista di Francisco Franco. Altri tempi, altra gente, altri valori.

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