Editoriali

Dagli ovili alla movida dell’arte

{module Firma_direttore}Prima ancora che finisca, l’estate 2016 può essere archiviata come una delle migliori degli ultimi anni. Per noi, tutto ciò, non è una sorpresa. E’ da tempo che andiamo ripetendo un concetto banale, e cioè che il turismo è una delle più grandi risorse del nostro territorio, ma a condizione che il settore si professionalizzi e che siano eliminati due o tre vizi di fondo che ne compromettono irrimediabilmente la crescita.

Il primo è quello di considerare il turista come un pollo da spennare a tutti i costi, il secondo è la mancanza di professionalità di buona parte degli operatori del settore (pensate, ad esempio, alla improvvisazione che si nota in alcune attività che qui in zona dovrebbero essere il fiore all’occhiello del settore), il terzo è l’assenza assoluta di quella società civile che rappresenta l’unica condizione ambientale che può favorire la crescita del turismo. Infatti, in questo settore il cliente non è mai al centro delle attenzioni e dell’interesse dell’operatore pubblico e privato, ma nella maggior parte dei casi lo si considera un terzo incomodo, uno che quasi quasi dà fastidio.

Eppure, il turismo potrebbe essere, dopo il capitale umano, la nostra unica vera ricchezza. E’ l’unico settore produttivo che può integrare il nostro patrimonio culturale con le bellezze naturali e la nostra cucina. Ecco, se noi sapessimo coniugare queste tre cose, chiaramente in un ambiente più civile, saremmo i primi della classe. Invece, ogni anno siamo qui a piangerci addosso e a tracciare bilanci da ultimi della classe. E ciò avviene un po’ per l’incapacità dei singoli operatori, un po’ per i limiti storici della politica. E a conferma delle nostre opinioni ci sono già alcuni dati di questo 2016, che parlano chiaro: non è stata di certo una stagione esaltante, anche se qualche segnale di ripresa si è visto. Forse è stato grazie al nuovo lungomare, a qualche albergo estremamente vivace (come il Poseidon) e a qualche bel locale che qui di turisti se n’è visto qualcuno in più. Per il resto andrà come le altre volte, con maggiori presenze nel solo mese di agosto.

Allora ci chiediamo: siamo proprio sicuri che non si possa fare di più, magari partendo da quell’abbraccio con il patrimonio culturale cui facevo riferimento poco fa? Io penso proprio di sì, e a dimostrarlo basta un solo piccolo esempio: il parco archeologico di Sibari. Ebbene, proprio mentre a Milano, per l’estate, si aprono musei e palazzi storici alla cosiddetta “movida dell’arte”, dando così la possibilità a gente che chiede serate diverse, spensierate, in un ambiente culturalmente stimolante (in cui si servono aperitivi, cene e visite guidate fino a notte fonda e nei posti più suggestivi della città quali la pinacoteca di Brera, il chiostro di Sant’Eustorgio, il museo Diocesano), qui da noi, invece, di notte i nostri cosiddetti beni culturali, a cominciare dagli Scavi di Sibari, chiudono battenti già nel tardo pomeriggio, cacciando così il nomade popolo della notte in quegli orribili ovili che qualcuno, di buon umore, continua a far passare per locali alla moda. Ma c’è di più: i nostri Scavi, appena cala il buio, spesso spariscono anche dalla visuale notturna di chi percorre, magari per caso, la statale 106 bis, perché a una certa ora le luci del parco si spengono, forse per risparmiare energia elettrica.

Eppure basterebbe poco per tenerle accese quelle benedette luci: basterebbe stimolare la voglia di vivere la cultura in maniera confortevole, magari con salotti di vimini proprio negli spazi degli scavi, l’happy hour con selezione di piatti e buffet, il bar sempre aperto e pure l’angolo gelato. Ecco, sarebbe un museo che si reinventa, serve l’arte con l’aperitivo, apre alle 7 del pomeriggio e tira fino a notte fonda. Una rivoluzione, insomma, che si potrebbe proporre in ogni angolo del territorio (pensiamo al castello di Corigliano e a quello di San Mauro, oppure al chiostro della Riforma, tanto per citarne alcuni) dove ci sono testimonianze importanti della nostra arte e della nostra cultura, in modo da poter garantire un’offerta ricca e continuativa.

Arte di sera, bel tempo si spera (per il turismo) potremmo dire. Anche perché un museo o un bene culturale non è solo conservazione, studio, ricerca, ma anche luogo di conoscenza, da vivere, d’intrattenimento.

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