Editoriali

Altro che Stasi, protagonista dell’anno è stato il sushi

{module Firma_redazione}Allora, al netto del Covid e delle vicende personali, il 2021, almeno nella nostra città, ci ha lasciato davvero poco. Nessun miglioramento della qualità della vita e della classe dirigente, nessuna crescita della ricchezza e della società civile, nonostante la fusione, nessun dato confortante che ci possa far ben sperare per il 2022. Insomma, un disastro. Per cui, alla fine, non riuscendo a trovare niente di meglio, abbiamo pensato che l’anno appena trascorso possa essere ricordato soprattutto per la ristorazione. Infatti, il 2021 è stato l’anno in cui, in città, più che la politica o la buona amministrazione, hanno fatto notizia l’arrivo di Mc Donald’s e l’esplosione dei ristoranti di sushi giapponese, che però di giapponese hanno ben poco, perché generalmente sono gestiti da cinesi. I quali, a differenza di Mc Donald’s, criticatissimo, nonostante sia la catena di ristoranti che offre ai clienti il maggior numero di prodotti italiani Dop e Igp, a cominciare dalla carne, non fanno sorgere nessun dubbio, ai soliti benpensanti, sulla qualità dei prodotti serviti, visti i bassi prezzi che praticano. Perché, non dobbiamo dimenticarlo, i prezzi bassi un ristorante di sushi giapponese che si rispetti non può di certo permetterseli, essendo la materia prima di qualità costosa e la lavorazione difficile. Ma sorvoliamo, perché, al di là di tutto, la sushimania è solo una moda, e come tale destinata a passare. Ciò che invece resta e ci preoccupa, non poco, è che in questa città è purtroppo diventato difficile trovare un decente ristorante di cucina calabrese. Perché se in Emilia, ad esempio, un piatto più o meno buono di tortelli o di cappelletti lo rintracci facilmente, qui da noi trovare i piatti tipici della nostra tradizione culinaria è diventata un’impresa, anche se, a dire il vero, qualche giorno fa, ci avevamo sperato, perché avevamo visto, su via Berlinguer, allo Scalo di Corigliano, apparire all’improvviso un’insegna con su scritto OYA, che per noi indigeni poteva essere l’acronimo di Oyangiudu, ristorante di cucina acrese, gestito appunto da un qualche cuoco di nome Angelo (in dialetto Angiudu). Che pretesa, direte. Che, purtroppo, tale è rimasta poiché alcuni amici mi hanno subito riferito che OYA non era affatto un ristorante di cucina locale, ma l’ennesimo ristorante di sushi gestito dai soliti cinesi. Cosa che mi ha spinto a dire che oggi, in questa città, la principale specialità calabrese è appunto il sushi, vero protagonista dell’anno appena passato. Auguri. 

 

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